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Dopo 38 lunghi anni la “profezia” di Steve Jobs diventa il nostro presente: nessuno gli aveva creduto

Quasi 12 anni senza Steve Jobs. Mente visionaria e brillante, ci vide piuttosto lungo anche anni fa con l’IA.

Steve Jobs, fondatore di uno dei colossi dell’hi-tech più grande al mondo, Apple Inc., è stato un uomo dotato di una mente straordinaria, visionaria e lungimirante. Proprio per questo, prima della sua scomparsa, ha lasciato progetti alla sua azienda e ai suoi collaboratori per oltre 10 anni a seguire. E neanche per quanto riguarda l’intelligenza artificiale si è mai risparmiato. Ha diffuso arditamente la sua prospettiva di come sarebbe stato, secondo lui, il futuro.

In una lunga intervista a Playboy, circa 38 anni fa, Jobs ha rilasciato molte dichiarazioni, visioni, punti di vista sull’argomento e non solo. La sua visione dell’intelligenza artificiale è frutto di un viaggio nel 1974 in India, che fece quando era più giovane per cercare un’illuminazione spirituale.

A seguito di ciò, Jobs si rese conto di tante cose che probabilmente prima gli erano sfuggite; magari non solamente a lui, ma a tutti gli esseri umani, come esperienza comune. Spesso non si presta attenzione al fatto che il modo in cui la mente umana ragiona non è una caratteristica innata; piuttosto, come affermò lui, “è qualcosa che apprendiamo. Non avevo mai riflettuto sul fatto che se non ci avessero insegnato a pensare in un determinato modo, non lo faremo”.

Inoltre, il fondatore della Mela mise a fuoco un’ottica molto particolare del pensatore e filosofo Aristotele, in maniera brillantemente sagace. Nello specifico, disse che si possono leggere i libri di Aristotele, quindi arrivare a comprendere le sue parole e il suo pensiero, ma aggiunse anche che “non hai bisogno dell’interpretazione di Aristotele da parte di un insegnante. […] Il limite di un libro è che non puoi fare una domanda ad Aristotele”. Da qui il punto di vista sul reale progresso di computer e IA.

Un visionario ancora fra noi

Steve Jobs riteneva che “uno dei vantaggi del computer è quello di catturare i princìpi di fondo, l’essenza di fondo”. A partire da questo concetto ogni esperienza umana, ognuna diversa dall’altra, si baserà proprio sulla percezione di tali princìpi.

Ad esempio ChatGPT, a cui si può scrivere una qualsiasi domanda, e questa fornirà, grazie all’IA, delle risposte plausibili e verosimilmente autentiche; persino prendendo ispirazione da filosofi e letterati. Ma Jobs osò andare oltre immaginando un futuro completamente rivoluzionato. Con le sue invenzioni mirava a far sì che un computer assimilasse l’intero pensiero dei grandi come Aristotele, così da potergli davvero fare una domanda. La sua sfida più grande voleva essere quella di “offrire un simile strumento a decine di milioni di persone”. E ci riuscì.

Per questo si rivolgeva direttamente ai più giovani, alle generazioni future. Lui sosteneva che bisogna avere il coraggio e la tenacia di cogliere l’opportunità, quando si presenta, di creare qualcosa che sia in grado di spingersi sempre oltre. Tuttavia, “questa possibilità non riguarda noi. Riguarda le generazioni future. Penso che la vera sfida, per noi, sia quella di diventare obsoleti con garbo. Cederemo le redini alla prossima generazione, di modo che questa possa poggiarsi sulle nostre spalle e andare molto oltre. Una cosa interessante, no? Come diventare obsoleti con grazia”.