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Apple Research Kit: l’iPhone diventa parte integrante della ricerca medica

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Nel keynote del 9 marzo non si è parlato solo di nuovi Mac e di Apple Watch.

Probabilmente il primo argomento di cui si è discusso è passato un po' in sordina perché all'utente medio non interessa granché, ed è per questo che vorrei spendere due parole su quanto possa diventare importante un dispositivo come l'iPhone nell'ambito della ricerca medica.

Tralasciamo il fatto che si tratta di una trovata pubblicitaria da parte di Apple, per far vedere la sua “bontà”, e cerchiamo di capire cosa di buono può uscir fuori dal nuovo Apple Research Kit.

Quando si cerca di saperne di più di una malattia che colpisce le persone, qualunque essa sia, si fanno dei progetti di ricerca. Una delle prime cose che si deve fare è raccogliere dati di natura diversa, facendo domande e valutando esami diagnostici come le analisi del sangue.

Il problema è che studiando una malattia tutte queste cose devono essere fatte sui pazienti malati, e non sempre se ne trovano tantissimi a disposizione; perché una ricerca sia valida ci vuole infatti un campione di persone piuttosto nutrito.

È per questo che l'utilizzo dell'iPhone diventerebbe così importante. Creando delle applicazioni apposite, una per ogni malattia che si va a studiare, e che pone delle domande, fa fare dei piccoli test, chiede di camminare, chiede i risultati degli esami ai pazienti, ovviamente su base volontaria, saranno i pazienti stessi a contribuire, con la loro esperienza, alla ricerca sulla malattia, magari per individuare un sintomo comune utile per diagnosticarla il prima possibile.

Così non ci sarà bisogno, per l'ente che svolge la ricerca, di cercare per conto proprio i pazienti negli ospedali o addirittura a casa, ma saranno i pazienti di tutto il mondo a fornire volontariamente dati su cui lavorare.

Inoltre, il kit per gli sviluppatori è stato reso open source da Apple, per cui se qualcuno volesse vederne il codice sorgente potrebbe farlo tranquillamente e, magari, estendere le app anche ad Android o a Windows Phone, per avere ancora più dati a disposizione.

Un bel modo di utilizzare degli oggetti, come i telefoni che tutti abbiamo in tasca, perché i pazienti possano aiutare sé stessi e gli altri anche in una situazione che non è sicuramente delle più auspicabili.

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Mario Petillo

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